Premio Strega 2021 – annunciato il nome del vincitore della settantacinquesima edizione. Come da programma, nella giornata dell’8 luglio 2021 è stato annunciato, in diretta su Rai 3 dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma, il nome del vincitore del Premio Strega 2021. A portarsi a casa l’ambito titolo è Emanuele Trevi con il romanzo Due Vite.

Conferito ogni anno a un autore o a un’autrice meritevole che ha pubblicato un libro di narrativa in Italia nel periodo compreso tra il 1 marzo dell’anno precedente e il 28 febbraio dell’anno in corso, il Premio Strega è il riconoscimento letterario più prestigioso d’Italia ed è famoso a livello mondiale.

I cinque finalisti del Premio Strega 2021, arrivato quest’anno alla sua settantacinquesima edizione, sono stati annunciati nella giornata del 10 giugno, in diretta dal Teatro Romano di Benevento.

Il vincitore del Premio Strega 2021

Nella giornata dell’8 luglio 2021, in diretta dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma, è stato annunciato il nome del vincitore del Premio Strega 2021, scelto tra i cinque autori finalisti: Andrea Bajani con Il libro delle case, Giulia Caminito con L’acqua del lago non è mai dolce, Edith Bruck con Il pane perduto, Donatella Di Pietrantonio con Borgo Sud e Emanuele Trevi con Due Vite.

Tra i cinque autori arrivati in finale, ad aggiudicarsi la vittoria è stato Emanuele Trevi con il romanzo Due Vite edito da Neri Pozza Editore.

Due vite trama libro Emanuele Trevi

«L’unica cosa importante in questo tipo di ritratti scritti è cercare la distanza giusta, che è lo stile dell’unicità». Così scrive Emanuele Trevi in un brano di questo libro che, all’apparenza, si presenta come il racconto di due vite, quella di Rocco Carbone e Pia Pera, scrittori prematuramente scomparsi qualche tempo fa e legati, durante la loro breve esistenza, da profonda amicizia. Trevi ne delinea le differenti nature: incline a infliggere colpi quella di Rocco Carbone per le Furie che lo braccavano senza tregua; incline a riceverli quella di Pia Pera, per la sua anima prensile e sensibile, così propensa alle illusioni. Ne ridisegna i tratti: la fisionomia spigolosa, i lineamenti marcati del primo; l’aspetto da incantevole signorina inglese della seconda, così seducente da non suggerire alcun rimpianto per la bellezza che le mancava. Ne mostra anche le differenti condotte: l’ossessione della semplificazione di Rocco Carbone, impigliato nel groviglio di segni generato dalle sue Furie; la timida sfrontatezza di Pia Pera che, negli anni della malattia, si muta in coraggio e pulizia interiore. Tuttavia, la distanza giusta, lo stile dell’unicità di questo libro non stanno nell’impossibile tentativo di restituire esistenze che gli anni trasformano in muri scrostati dal tempo e dalle intemperie. Stanno attorno a uno di quegli eventi ineffabili attorno a cui ruota la letteratura: l’amicizia.
Nutrendo ossessioni diverse e inconciliabili, Rocco Carbone e Pia Pera appaiono, in queste pagine, come uniti da un legame fino all’ultimo trasparente e felice,quel legame che accade quando «Eros, quell’ozioso infame, non ci mette lo zampino».

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